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don Floriano Abrahamowicz difende su "Il Foglio" il pensiero di S.E. Rev.ma Mons. Lefebvre
Il quotidiano Il Foglio di oggi pubblica a pag. 4 replica a favore del defunto Arcivescovo Marcel Lefebvre da parte di don Floriano Abrahamowicz all’articolo di Francesco Agnoli del 16 Settembre 2010, titolato:” Newman e Lefebvre – che cosa accomuna il cardinale che il Papa domenica farà beato e il grande critico del Vaticano II”. Riportiamo sia la replica che l’articolo di Agnoli.
di don Floriano Abrahamowicz
Al direttore (de “Il Foglio”, n.d.r.) – “Quando io ero al Concilio portavano i pantaloncini corti!” Queste sono le parole di Monsignor Lefebvre scritte a mano per difendersi da coloro che con malafede affermavano già negli anni Ottanta che lui avesse firmato tutti i documenti del Concilio. Con indignazione il prelato protesta contro questa menzogna diffusa da incompetenti che appunto ai tempi del Concilio erano bambini e che da adulti non fanno differenza tra la firma segreta ai singoli documenti del Concilio e la firma collettiva dei padri conciliari presenti in aula al momento della promulgazione diuno o più documenti che potevano avere accettato o rifiutato con il voto segreto precedente.
Mi rallegro del fatto che giovani laureati come Francesco Agnoli si interessino alla battaglia di monsignor Lefebvre. Capisco che in un articolo di giornale non si può raccontare tutta la storia del personaggio. Ma il poco riferito deve essere almeno riferito secondo l’intenzione del protagonista. Si può al limite riportare la menzogna che Lefebvre ha firmato tutti i documenti ma almeno date al morto il diritto di difendersi da questa menzogna. Lui che ha dichiarato che il Concilio Vaticano II per la sua intrinseca ambiguità non può essere salvato (v. “Lo hanno detronizzato”). La rovina, secondo Lefebvre, non erano le “derive del post Concilio” ma il Concilio stesso. Le innumerevoli conferenze (tutte registrate) nelle quali Lefebvre riferiva sui suoi dialoghi con l’allora cadrinale Ratzinger portavano proprio su questo tema: non le interpretazioni ma il Concilio stesso è la deriva. Non conoscendo questi fatti della vita di Lefebvre si capisce che il giovane studioso vede nell’attuale Ratzinger una specie di cripto alleato di Lefebvre. E’ un errore che tanti cattolici liberali fanno oggi. In tono più elegante invece Ratzinger ratifica e continua lo spirito dei raduni ecumenici di Giovanni Paolo II.
Ecco qui sotto (con grassetti e un’osservazione della Redazione) l’articolo di F. Agnoli su Il Foglio del 16 Settembre 2010:
Newman e Lefebvre Che cosa accomuna il Cardinale che il Papa domenica farà beatoil grande critico del Vaticano II
CONTRORIFORME di Francesco Agnoli
Ho tra le mani due biografie della stessa autrice, la nota scrittrice piemontese Cristina Siccardi. La prima “Nello specchio del Cardinale J.H Newman” (Fede & Cultura), è incentrata sul nuovo beato inglese, ed è una ottima sintesi della sua vita e del suo pensiero.
La seconda “Mons. M. Lefebvre. Nel nome della Verità” (Sugarco) è invece un testo dedicato al famoso Vescovo francese, che si oppose nel post concilio a molte delle derive di quegli anni. Nel secondo di questi volumi trovo un passo interessante per capire i tempi che vive i tempi della chiesa di oggi. Jean Guitton, intimo amico di Paolo VI, ma anche estimatore dell’opera del vescovo francese, parlando col Papa l’8 settembre 1976, ebbe a dirgli: “Santo Padre, io confronto monsignor Lefebvre con Newman nella prima parte della sua vita, quando considerava che i cambiamenti introdotti da Roma fossero corruzioni, perché la Chiesa deve rimanere identica a se stessa: la Fede ‘è ciò che è ammesso da tutti, ovunque e sempre’ secondo la bella definizione di Vincent de Lèrins”. Non è qui il luogo per analizzare la vita di mons. Lefebvre, il suo pensiero, le sue amicizie (da Guitton, al cardinal Siri, al protestante Albert Schweitzer), né per discutere le varie posizioni da lui prese nell’arco della sua vita. Neppure è il luogo per esporre il suo pensiero sul Concilio Vaticano II, di cui mons. Lefebvre firmò tutti gli atti salvo poi affermare che dove essi risultassero ambigui o controversi, andavano interpretati alla luce della “Tradizione”.
Chi vuole approfondire, può farlo leggendo l’ottimo libro citato. E’ però interessante capire il crescente interesse attuale per le due figure, Lefebvre e Newman e il parallelo tra loro istituito da Guitton e, implicitamente, dalla Siccardi.
Ebbene a me sembra che la “concordanza” tra i due personaggi stia nella loro posizione di fronte al liberalismo. La mattina del 12 maggio 1879, padre Newman parlò in occasione della nomina a cardinale da parte di Papa Leone XIII ed ebbe a ribadire un concetto a lui caro: disse che il grande pericolo per la Fede risiedeva nello “spirito del liberalismo nella religione”. Con la espressione suddetta Newman intendeva “la dottrina secondo cui non c’è alcuna verità positiva nella religione, ma un credo vale quanto un altro”. Newman condannava cioè l’indifferentismo religioso, in forte contrasto con la sua caratteristica umana più profonda che lo aveva portato alla conversione: l’idea che l’uomo non può fare a meno di credere nella verità e quindi di cercarla incessantemente, pronto a lasciare tutto per quell’unico tesoro. Il mondo moderno, argomentava Newman, è antireligioso, perché nega la Verità stessa e parla di “tolleranza” di tutte le religioni per dire, in verità, che nessuna vale qualcosa. Tutte uguali, cioè, perché nessuna è vera e tutte ugualmente inutili. Il liberalismo nella religione riduce la fede a un fatto personale, a “proprietà privata” da tener nascosta con vergogna a “un sentimento”, una “preferenza personale”, soggettiva, senza ripercussioni nella vita sociale.
Lo stesso liberalismo Se questa era la posizione di Newman, alla fine dell’Ottocento, si può dire che a partire dagli anni Sessanta del Novecento Lefebvre, come molti altri, ebbe a combattere proprio contro lo stesso liberalismo, o relativismo religioso, introdottisi, questa è la novità, nella chiesa stessa. Parlando del gesuita Rahaner, di Suenens (il cardinale che insieme a Danneels ha azzerato la chiesa belga), e di altri teologi in voga, Lefebvre che vedeva le chiese di Francia svuotarsi, insieme ai seminari, denunciava una visione liberale trionfante all’interno della stessa cristianità. Non aveva tutti i torti, se è vero che per anni abbiamo sentito dire che un Dio vale l’altro, perché in fondo “c’è un solo Dio”. Come se Cristo, Manitù o Maometto fossero la stessa persona e insegnassero la medesima “buona novella”. A tale riguardo Lefebvre si dichiarava avverso alle adunanze ecumeniche in cui le statue di Budda e quelle di divinità di altre religioni venivano poste sugli altari cattolici, ingenerando così nei fedeli una equiparazione sincretista. Contro queste manifestazioni, che oggi Benedetto XVI sta archiviando, in nome del dialogo tra gli uomini e non tra le religioni (??? Benedetto XVI ha parlato proprio in Inghilterra di pacificazione in nome dell’unico Dio riferito a islamici edn.d.r.)citava il pontefice Pio XI che nella sua “Mortalium animos” aveva condannato le prime adunate ecumeniche basate sul “falso presupposto che tutte le religioni siano buone e lodevoli in quanto tutte, pur nella diversità dei modi, manifestato e significano ugualmente quel sentimento, a chiunque congenito, che ci rivolge a Dio…”. Queste adunanze, concludeva il Papa dimenticano che la Verità è una sola, e quindi conducono, “insensibilmente”, “al naturalismoe all’ateismo”. Il cardinal Newman, ricorda sempre Cristina Siccardi, visse in un’epoca in cui era improponibile un “ecumenismo delle religioni”. Se lo avesse conosciuto “lo avrebbe visto come una pericoloso teoria sincretista”, convinto com’era di aver lasciato la Chiesa anglicana e tanti cari amici, non per un capriccio, ma perché obbligato dalla sua coscienza riconoscere nella Chiesa di Roma, e non in quelle di Enrico VIII la vera e unica Chiesa di Cristo. Anche per questo Newman piaceva anche al Papa avversario del modernismo: il troppo dimenticato san Pio X.
articolo tratto dal sito www.agerecontra.it riferimento al SITO DELLA RESISTENZA CATTOLICA 2010
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